domenica 27 febbraio 2011

Una logica tagliente

Sul mio pianeta, il riposo è il riposo. Smettere di consumare energia. Trovo estremamente illogico correre su e giù su un prato, sprecando energia, invece di conservarla. (Signor Spock, Star Trek.)

Ogni buon artigiano tiene sempre a disposizione la serie completa dei cacciavite. Si sa dalle notizie di cronaca nera che i cacciavite possono essere usati per minacciare, talvolta sono stati usati per uccidere. Nel mio mestiere gli strumenti logici svolgono la funzione del cacciavite. Pur avendo con questi strumenti una pratica quotidiana, so bene, però, che possono essere usati (che sono stati usati) come armi da taglio. Mi stimolano a scrivere brevemente degli usi e degli abusi della logica alcune discussioni che ho avuto di recente con amici, come me, di formazione tecno-scientifica, che però, contrariamente a me, sembrano attribuire alla logica un valore decisivo e totale che, secondo me, non può avere; nemmeno in campo tecno-scientifico. Spesso un'argomentazione logica affilatissima nasconde, più o meno consapevolmente, delle premesse marmoree quanto discutibili. La logica, nella sua perfezione, fa sì che si veda meno quanto e come le premesse, quelle da cui dipende il ragionamento nel suo complesso, siano discutibili. La logica, in questo modo, riveste autoritariamente (e abusivamente) di oggettività una serie di conseguenze che, a una più approfondita analisi, appaiono assai meno oggettive. La logica può, se usata male, addirittura frenare la conoscenza. Alcuni meccanismi forti del ragionamento, poi, sono a fatica riducibili a logica: l'ambivalenza, per esempio, o il dialogo.

Prendiamo uno dei più utilizzati bisturi logici: il terzo escluso. Se la frase A è vera, allora la frase "non A" è falsa. Non esiste una terza possibilità tra A e "non A".
Impariamo questo principio quando iniziamo a ragionare e qualcuno deve anche studiarlo a scuola (in filosofia, in matematica). Le cautele da usare quando lo usiamo sono di due tipi. (1) Quando usiamo questo principio, diamo per scontato che A sia un concetto ben delimitato. Per esempio, la frase:
l'animale X ha quattro zampe

sembra innocentemente precisa. Pensandoci su, però, si capisce che gli uccelli e, ancor più, i pipistrelli, pongono un problema: gli arti che utilizzano per volare sono "zampe"? Se non sono zampe, qual'è il punto esatto dell'evoluzione in cui un mammifero con quattro zampe ha una prole con due zampe e due ali? (Terza possibilità, tra avere o non avere quattro zampe, non è infatti data). Non abbiamo così la prova logica che Darwin aveva torto? Si tratta di considerazioni evidentemente irragionevoli, ma perfettamente logiche. E infatti, obiezioni di questo tipo furono sollevate, da un punto di vista puramente logico, contro Darwin e, prima di lui, contro Galileo (e dopo di lui, con accenti meno accesi, contro la meccanica quantistica). Mentre gli innovatori lavoravano attorno alle premesse, i conservatori si baloccavano con la logica.
(2) Nell'esempio delle quattro zampe, vediamo all'opera anche un secondo aspetto della relazione tra logica e realtà. Dal punto di vista logico (secondo la teoria classica), c'è una perfetta simmetria tra A e "non A". Di fatto, però, le affermazioni, per così dire, positive, hanno un valore diverso da quelle negative. Si possono avere quattro zampe in un modo, non averne quattro in molti modi diversi: perché se ne hanno di più o di meno; o perché si usano organi diversi per svolgere funzioni che altri animali svolgono con le zampe (ciglia e flagelli mobili per il movimento in acqua di molti esseri monocellulari, per esempio).
Spesso, nei concreti ragionamenti che si vanno facendo, A è la frase che ci interessa al momento ("avere quattro zampe", "essere ligi alla legge"), mentre "non A" è una sorta di "discarica logica" in cui gettiamo tutto ciò che non rientra in A. La simmetria tra A e "non A" è in questi casi ingannevole.
Un bell'esempio di ciò è nell'Orlando Furioso dell'Ariosto. Le armate cristiana e moresca sono formalmente identiche e simmetriche, con ugualmente nobili cavalieri e ugualmente aristocratiche dame su entrambi i fronti. L'esercito di Carlo, però, è un esercito cristiano, mentre l'esercito di Agramante è non-cristiano: i musulmani, confusi vagamente con i pagani -di cui sono ovviamente all'opposto- si vedono attribuiti culti e divinità del tutto inverosimili. In quanto non-cristiana, l'armata dei mori diviene summa e catalogo di ogni non-cristianità.
Esempi meno divertenti e leggeri sono le inquisizioni di ogni tempo e ideologia. Tristemente famosa furono l'inquisizione staliniana e quelle che ad essa s'ispirarono. Nella stringente logica dei commissari del popolo, chi non era per la rivoluzione (per il gruppo di potere che momentaneamente la dirigeva), era oggettivamente nocivo alla rivoluzione, quindi controrivoluzionario. Il "non A", fatto di menscevichi, di religiosi, di ex ufficiali zaristi, di chi aveva tardato a cogliere i mutamenti al vertice del partito comunista e di mille altre diversità, finiva al muro o riempiva i convogli per il lavoro forzato in Siberia. Il fine e la logica non giustificavano, tra i mezzi da usare, quelli della mediazione politica, che sono propri dei sistemi democratici.

Della logica non possiamo certamente fare a meno, se non vogliamo precipitare in altre forme di autoritarismo ("è così perché è così"), o nell'impossibilità di pensare e comunicare. L'attività dell'artigiano non è riducibile ai suoi utensili, ma è un umanesimo che si avvale di utensili (gente certo peritissima, come diceva Galileo, ma soprattutto di finissimo discorso). Allo stesso modo, chiunque utilizzi la logica (o la statistica, o qualsiasi altro strumento esatto o quantitativo), soprattutto se lo fa entro una dimensione umana e comunitaria, non dovrebbe mai dimenticare un modesto e terreno umanesimo.

PS Aggiungo un esempio dalla matematica per illustrare come il discorso matematico sia (forse) riducibile a logica, ma la creatività che produce i discorsi matematici non lo sia. Tra tutte le terne di numeri interi, particolarmente interessanti sono quelle pitagoriche, che ci danno le misure dei lati di un triangolo rettangolo: (3,4,5) è l'esempio più conosciuto, ma ve ne sono infinite altre, come (5,12,13). Se le terne pitagoriche sono le "pepite d'oro" che c'interessano, ogni altra terna è un prodotto di scarto. La proprietà A:"la terna X è pitagorica" è quella che c'interessa. Ovviamente, se cambiamo problema (quindi punto di vista), le terne di numeri interessanti saranno altre. Per esempio, la terna (8,12,6) non è pitagorica, ma è interessantissima poiché ci dà il numero di vertici, spigoli e facce di un poliedro nello spazio [in un cubo: 8 è il numero di vertici, 12 è il numero degli spigoli, 6 è il numero delle facce]. La logica è quella che seguiamo tagliando l'insieme di tutte le possibili terne secondo un dato criterio, ma non ci è altrettanto d'aiuto nel cercare i criteri interessanti e vitali a cui la logica va poi applicata.

lunedì 21 febbraio 2011

Limericks e favole VI



Un tamburino bizzarro di Brema
quattro bovini maschi comprò a Crema:
a ritmo li bacchetta,
così una musichetta
gaia va col suona-tori di Brema.



dal mazapegul




domenica 20 febbraio 2011

Adriatico




Il Venerdì Santo del 1997 due unità della marina italiana, cercando di contrastare un naviglio pieno di migranti albanesi, ne causarono per errore l'affondamento e, così, la morte di 58 dei 92 occupanti. Si trattava della seconda migrazione di massa dall'Albania: la prima era avvenuta pochi anni prima, alla caduta del regime comunista; questa era causata dalla crisi delle società finanziarie che avevano promesso ai neofiti del capitalismo una via indolore, o quasi, al benessere.
Per noi italiani si trattava di avvenimenti quasi incomprensibili, che ci mettevano a contatto con un mondo che non conoscevamo e che, probabilmente, non volevamo conoscere. Anche le reazioni della politica italiana furono apparentemente paradossali: il governo di centrosinistra stabilì, assai controvoglia, un mini-protettorato a Tirana per frenare il crollo dello stato albanese; il leader dell'opposizione di centrodestra si pronunciò per l'accoglimento illimitato dei migranti albanesi.
Negli anni successivi spiaggiarono sulle nostre coste anche sigarette di contrabbando, giovanissime prostitute, armi da guerra, droga; ma soprattutto muratori e manovali, una parte del ceto medio albanese e pure un gran numero di giovani intelligenti e motivati, tra i quali c'erano alcuni che sarebbero stati tra i miei migliori studenti a ingegneria.
Avevo l'impressione allora, e ce l'ho anche adesso, che gli albanesi siano molto più informati su di noi di quanto noi lo siamo su di loro. Ciò è legato alla relativa egemonia italiana sull'Adriatico: i popoli egemoni vengono scrutati con più attenzione di quanto loro stessi non scrutino i loro vicini. Gli indiani istruiti, si sa, si trovano perfettamente a loro agio con Sheakespeare e con l'inglese; non altrettanto si può dire degli inglesi istruiti con l'hindi e con il Mahabharata.

La rotta tra l'Albania e la Puglia faceva parte nell'antichità romana del percorso tra Roma e l'Egeo: la via Egnatia conduceva da Costantinopoli a Durazzo, quindi, attraversato l'Adriatico in uno dei punti più stretti, si approdava nello strategico porto di Brindisi, terminale orientale della via Appia. Durazzo, Brindisi e la rotta avevano una storia più antica, e hanno -dicevamo- una loro attualità.
Dopo decenni di resistenza sotto la guida di Skanderbeg, l'Albania soccombette nel 1478 alla fortissima pressione ottomana, diventando il paese bi-religioso che è ancora oggi (dopo la breve parentesi dell'ateismo di stato). L'annessione all'impero ottomano, però, fu all'epoca traumatica: una moltitudine di migranti cristiani prese la via dell'Italia. Alcune di quelle comunità, isolate nelle montagne del meridione, ancora sopravvivono, anche linguisticamente: Piana degli Albanesi in Sicilia, Barile in Basilicata e altre.



Assieme ai fedeli, anche le icone attraversarono il canale di Otranto. Il 25 aprile del 1467, a Genazzano, nel feudo della famiglia Colonna, si materializzò un'icona venerata a Scutari. Apparve su un muro del santuario agostiniano della Madre del Buon Consiglio, portatavi da due pellegrini albanesi che l'avevano sottratta al saccheggio turco attraversando l'Adriatico a piedi.
Questa storia l'ho imparata qui a Dozza, nella chiesa della Pianta, un tempo legata a un monastero agostiniano ora scomparso. Mi trovavo lì, casualmente, nel giorno in cui si portava in processione l'immagine della Madre del Buon Consiglio conservata nel nostro comune. Don Andrea mi permise gentilmente di curiosare nella canonica, dove una vecchia stampa appesa aL muro narra, per l'appunto, la storia dell'icona.



Di attraversamenti adriatici, albanesi e icone la Romagna conserva un'altra testimonianza a Fornò, appena a Est di Forlì. Tra le tante, la versione della storia che preferisco è questa: Pietro Bianco, pirata di Durazzo, fece naufragio in Adriatico e si salvò aggrappandosi a un'icona. Spiaggiato in Romagna, si convertì pienamente e divenne eremita; fondando il Santuario di Santa Maria delle Grazie. Il santuario ha una singolarissima architettura circolare e riporta, sul portale d'ingresso, la data della fondazione (1450) a opera di Bianco da Durazzo. Prima di visitarlo, potreste voler consultare questa storia del santuario, che riassume una conferenza del prof. Riccardo Lanzoni, autore di una monografia sul tema.

L'8 settembre del 1943 il soldato Dante Ansaloni, mio prozio materno, si trovava convalescente in Italia, in procinto di ripartire per il suo reparto, in Albania. Il paese era stato occupato e annesso all'Italia nel 1939; un'impresa minore che, come tutte quelle intraprese da Mussolini nella Seconda Guerra Mondiale, si era risolta in un umiliante disastro militare.

giovedì 10 febbraio 2011

Bruno Munari, Venezia 1992

Da youtube, la registrazione della conferenza di Bruno Munari allo IUAV nel 1992. Questo è un brano che noi di Incontri troviamo particolarmente significativo. La registrazione completa dell'incontro (che abbiamo agganciato da qui) la trovate nell'Antologia della Fantasia qui a destra.


martedì 8 febbraio 2011

Limericks e favole V



Un fornaio di Napoli a Gonzaga
trovò una russa, vecchia e un poco maga.
Le fece, per amore,
le paste col liquore.
Le offrì dicendo: "Mangi'o' babbà, Yaga."

dal Mazapegul