lunedì 7 marzo 2011

Un medico


Essendo la medicina un compendio degli errori successivi e contraddittori dei medici, appellandosi ai migliori di essi si hanno ottime probabilità d'implorare una verità che sarà riconosciuta falsa qualche anno dopo. Dimodochè credere alla medicina sarebbe la suprema follia, se non credervi non ne fosse una ancor più grande, giacchè da questo cumulo di errori si sono sprigionate alla lunga alcune verità. Proust, Alla ricerca del tempo perduto.

Marcel Proust conosceva la medicina non solo attraverso la sua condizione di paziente (fin dall'infanzia soffrì di asma, morendone nel 1922, a cinquantuno anni), ma anche in quanto figlio di un importantissimo medico francesce e fratello di un brillante chirurgo. La frase appena citata, che rappresenta chiaramente la medicina dal punto di vista del paziente cronico, mi ricorda però alcune delle chiaccherate sulla medicina che, in sedici anni di frequentazione, m'è capitato di fare col dott. Angelo Pirazzoli, per gran parte del dopoguerra medico a Toscanella, mio suocero. Il punto di vista di Proust era anche il suo: "La medicina, Nicola, non è una scienza esatta," mi diceva con rassegnazione consapevole, ma anche orgogliosa. Giustamente orgogliosa, perché lui, entro il mobile stato della conoscenza medica e delle tecniche diagnostiche, sbagliava assai di rado e mai su patologie importanti.
Per tutta la sua vita professionale, e anche dopo, il dottore non ha mai cessato di aggiornarsi e studiare, di porre domande agli specialisti e di ascoltarne attentamente le risposte, di informarsi sulle nuove macchine e sui nuovi medicinali; integrando il tutto, e qui sta il semplice segreto della professione, nella sua conoscenza e consuetudine delle migliaia di corpi umani viventi, di ogni età e condizione, che costituivano l'universo professionale e umano dei suoi pazienti. Consuetudine che gli permetteva di parlare con gli specialisti da pari a pari: loro da depositari di una tecnoscienza in vorticoso sviluppo, lui con la conoscenza dei corpi nella loro interezza (fisica, emotiva, pensante), che era inoltre conoscenza di lungo periodo, dalla nascita alla morte. Una milza era per lui una milza in un corpo vivo con una storia.
Fin dai suoi studi universitari preferiva le nascite: conservava gelosamente in una sua particolare scatola, dagli anni in cui ad assistere ai parti erano i medici condotti, tutti i suoi strumenti di ostetricia. L'ultima bambina alla cui nascita contribuì, in sala parto, però, fu mia figlia Angelica.
Dicevo di un segreto semplice, ma è semplice solo da scrivere e pensare. La consuetudine coi pazienti richiede tempo e fatica. Soprattutto, richiede una doppia dose di equilibrio: equilibrio tra l'empatia e il distacco professionale di chi deve osservare oggettivamente; equilibrio tra sicurezza di sé e consapevolezza dei propri limiti (limiti di conoscenza e limiti in ciò che si può e si sa fare). E' un equilibrio faticoso, ho osservato negli anni, che diventa un abito mentale, che non ti lascia mai.
In questo e in altri sensi, il dott. Pirazzoli aveva una personalità segnata dalla professione e una professione indirizzata dalla sua personalità: forte, instancabile, sicura di sé, ma non arrogante. Il suo impegno di medico era indistinguibile dal suo impegno per la comunità, che aveva sempre a che fare con il fatto che era "il dottore". E "il dottore" era anche quando andava a caccia, quando giocava a carte alla bocciofila, quando accompagnava le nipotine all'asilo.
Alcuni mestieri s'impadroniscono più facilmente della personalità di una persona e alcune persone sono più inclini di altre a lasciarsi modellare dal proprio mestiere: in questo io e il dott. Pirazzoli avevamo qualcosa in comune. E non è un caso se le sue figlie, pur tenendosi a distanza dalla professione medica di padre e madre, si sono indirizzate a studi con una forte compnente specialistica e tecnica. Alcune persone riescono a vivere il proprio mestiere, con tutto il suo patrimonio tecnico, come un umanesimo: un attivo e dialogante, ma non totalizzante, punto di vista sulla condizione umana. Nel caso del medico, si tratta di un umanesimo tutto particolare, che riguarda sia il professionista che l'oggetto della sua professione, e di un umanesimo particolarmente importante.
Il dott. Pirazzoli s'è spento dopo una breve malattia il 5 marzo, forse nel modo che avrebbe lui stesso desiderato.

2 commenti:

  1. E stato il mio medico fin da quando avevo pochi mesi, lo è stato di mia madre e mio padre, e prima ancora dei miei zii, cugini, nonni... ha curato intere famiglie per più generazioni sempre con la stessa competenza, affabilità, umanità, a tutte le ore e per ogni necessità, imparando da questa sua disponibilità e da questa sua dedizione tutto ciò che neanche uno specialista a volte conosce, Perchè lui i casi medici, le malattie, gli interventi, le cure, le ha viste passare tutte. Con la gavetta, la pratica ed una continua presenza sul campo. Era quello che chiamavi alle quattro di notte e si alzava dal letto per andare a visitare il bambino con la tosse, l'unico che oltre agli orari di ambulatorio iniziava un lungo pellegrinaggio per andare a casa dei pazienti che non potevano muoversi, altro che la guardia medica di adesso. Con la sua esperienza inarrivabile è stato un grande dottore di tutti, una grande persona, ed un metro di paragone per tutti i medici che gli sono succeduti. La sua dipartita mi ha addolorato molto. Riposi in Pace, Dott. Angiolino

    RispondiElimina
  2. Caro Alberto,
    grazie per il bel ricordo del dottore, che corrisponde esattamente al mio.
    Nicola

    RispondiElimina