mercoledì 22 dicembre 2010

Appunti su Galileo 2


Ingresso dell'Arsenale di Venezia, in un quadro del Canaletto.

dalla prima giornata dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla mecanica e i movimenti locali, di Galileo Galilei.





Salviati. Largo campo di filosofare a gl'intelletti specolativi parmi che porga la frequente pratica del famoso arsenale di voi, Signori Veneziani, ed in particolare in quella parte che mecanica si domanda; atteso che quivi ogni sorte di strumento e di machina vien continuamente posta da numero grande d'artefici, tra i quali, e per l'osservazioni fatte dai loro antecessori, e per quelle che di propria avvertenza vanno continuamente per se stessi facendo, è forza che ve ne siano de i peritissimi e di finissimo discorso.
Sagredo. V. S. non s'inganna punto: ed io, come per natura curioso, frequento per mio diporto la visita di questo luogo e la pratica di questi che noi, per certa preminenza che tengono sopra 'l resto della maestranza, domandiamo proti; la conferenza de i quali mi ha più volte aiutato nell'investigazione della ragione di effetti non solo maravigliosi, ma reconditi ancora e quasi inopinabili. È vero che tal volta anco mi ha messo in confusione ed in disperazione di poter penetrare come possa seguire quello che, lontano da ogni mio concetto, mi dimostra il senso esser vero. E pur quello che poco fa ci diceva quel buon vecchio è un dettato ed una proposizione ben assai vulgata; ma però io la reputava in tutto vana, come molte altre che sono in bocca de i poco intelligenti, credo da loro introdotte per mostrar di saper dir qualche cosa intorno a quello di che non son capaci.
Salv. V. S. vuol forse dire di quell'ultimo pronunziato ch'ei profferì mentre ricercavamo d'intendere per qual ragione facevano tanto maggior apparecchio di sostegni, armamenti ed altri ripari e fortificazioni, intorno a quella gran galeazza che si doveva varare, che non si fa intorno a vasselli minori; dove egli rispose, ciò farsi per evitare il pericolo di direnarsi, oppressa dal gravissimo peso della sua vasta mole, inconveniente al quale non son soggetti i legni minori?



Battaglia di Lepanto (1571): lo schieramento della Lega Santa, sulla sinistra, è aperto da sei galeazze veneziane, seguite da una miriade di galee.

Troviamo nell'incipit dei Discorsi una delle più importanti innovazioni della scienza moderna rispetto a quella medioevale: l'indissolubilità, cioè, tra scienza e tecnica; tra l'attività del filosofo naturale e il mestiere del meccanico. Questa innovazione, che andava maturando sin dal Quattrocento, viene qui enunciata da Galileo in piena consapevolezza. Lo scienziato (Salviati) ricorre necessariamente all'esperienza di tecnici e operai dell'Arsenale di Venezia (forse la più grande industria del medioevo europeo, sicuramente il maggior singolo centro d'innovazione tecnica del continente). Non si tratta di esperienza istintiva e puramente manuale: gli artigiani dell'Arsenale non solo sono peritissimi, ma anche di finissimo discorso (dei lavoratori intellettuali, diremmo oggi).
La maniera in cui Galileo concepiva il rapporto tra scienza e tecnica è ben illustrato dalla vicenda (non del tutto lusinghiera per il nostro) di come s'arrivò all'invenzione, alla produzione e all'utilizzo del cannocchiale. La teoria delle lenti, di cui il cannocchiale poteva essere un'applicazione, era stata sviluppata da Giovanni Battista della Porta (1593) e Keplero (1604), e cannocchiali erano stati infatti costruiti in Olanda da Hans Lippershey all'inizio del '600. Avendo notizia dell'invenzione (e forse anche un esemplare), Galileo -che aveva attigua alla propria casa un'officina, con un operaio specializzato al proprio servizio- fece ne fece costruire una versione migliorata, che poi cedette alla Repubblica di Venezia, che aveva come datore di lavoro, come invenzione propria, nel 1609. Subito dopo, puntò il sua cannocchiale verso il cielo e vi vide cose che nessuno, prima di lui, aveva scorte. Come vedremo in un altro appunto, scoprì che diversi oggetti celesti erano assai lontani dalla "perfezione" loro attribuita -seguendo Aristotele- dai suoi contemporanei.
Vediamo dunque che (1) Galileo si avvaleva dell'aiuto di validi artigiani (ed era lui stesso un "ingegnere", un inventore di macchine); (2) che delle invenzioni dei tecnici considerava sia l'utilizzo pratico (intuì subito il valore del cannocchiale per la navigazione, civile e militare), che quello scientifico (a fini astronomici, in questo caso); (3) che, inoltre, si poneva sempe il problema di come una scoperta scientifica potesse essere messa in relazione, o applicata, a realizzare macchine e congegni (ciò che, per esempio, non parve interessare Keplero, che pure aveva sviluppato cognizioni di ottica ben più profonde di quelle di Galileo).

Nella stretta relazione tra scienza della natura e tecnica, espressa sopra da Salviati e Sagredo, c'è anche un importante aspetto della metodologia galileiana. In natura non sempre troviamo dei fenomeni esattamente analizzabili e quantificabili, poiché gran parte dei fenomeni che osserviamo dipendono da una molteplicità di variabili: l'osservazione, in questi casi, difficilmente ci potrà dire qualcose di preciso sul fenomeno in questione. Nel laboratorio del meccanico alle prese con la fabbricazione di una macchina, al contrario, si lavora con poche variabili, tenute strettamente sotto controllo: due ruote dentate agganciate, una canaletta rettilinea in cui passa dell'acqua... Questi fenomeni più elementari possono essere studiati con precisione e in profondità. La fiducia dello scienziato è che altri fenomeni più complessi, in natura, possano essere scomposti -almeno concettualmente- in fenomeni elementari simili a quelli visti nel laboratorio artigiano. Senza questa fiducia, s'è condannati a considerare le cose sempre nella loro totalità: per dire di esse tutto, si finisce col non dirne niente di utile e preciso (e di nuovo rispetto al senso comune).
Azzardando una conclusione, si potrebbe dire che con Galileo si passa definitivamente dallo scienziato-Dio (cioè, dallo scienziato che si chiede "come organizzerei questo pezzo di natura, se ne fossi il creatore (con dei fini teologici, ovviamente)"?) allo scienziato-meccanico ("come concepirei le leggi di natura, se volessi far funzionare questa macchina-mondo?").

(Nell'ultima parte del brano riportato, si introduce uno dei due temi dei Discorsi. Dall'osservazione empirica che oggetti perfettamente identici, se non per le dimensioni, hanno proprietà assai diverse, si parte verso una lunga e dettagliata analisi delle proprietà della materia.)

Gran parte delle opere di Galileo Glileiei possono essere svaricate da liber-liber.

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